Approfondimento delle letture della liturgia della VI Domenica di Pasqua, Anno A
Profundización de las lecturas de la liturgia del VI Domingo de Pascua, Año A
Poglobitev Božje besede 6. velikonočne nedelje, leto A

[SEMI] VI Domenica di Pasqua (Anno A) 2

Se mi amate considererete la mia parola come il tesoro più grande e più prezioso della vita, come la vita stessa.
Il rapporto verso ciò che Cristo ci dice è dunque l’amore: “Se mi amate” (Gv 14,15).
Noi non abbiamo l’Amore nella nostra natura umana, perché quello che abbiamo è un amore di necessità, che non riesce ad essere libero, non sa donarsi liberamente, ma facilmente presenta subito il conto.
L’amore come libera adesione, come libero dono senza calcoli è affidamento, come quando si chiudono gli occhi e ci si pone nelle mani degli altri.
Ecco, questo amore lo riceviamo dallo Spirito Santo.
Lo Spirito Santo versa nei nostri cuori l’amore di Dio Padre (cf Rm 5,5).
Giovanni dice che Cristo sta andando al Padre (cf Gv 14,12) e sta venendo da noi (cf Gv 14,18) nello stesso atto. Vado al Padre e vengo a voi. Cristo nella sua divinoumanità abita la relazione verso il Padre e verso noi. Lui vive come comunione sia la sua umanità che la sua divinità. La natura manifesta il modo di esistere della persona, che è quello relazionale.
È chiaro allora che ciò che è essenziale nell’esistenza della persona e che Cristo sta manifestando e realizzando nella sua umanità è veramente la relazione tra le persone.
Cristo sta con il Padre e con noi: questo è la persona, questo è ciò che Cristo manifesta.

Anzi, non solo sta con il Padre e con noi, ma Lui sta “nel” Padre e “in” noi (Gv 14,20).
Non sta solo con noi, ma dentro di noi.
Dalla Scolastica in poi, la realtà più sconosciuta è proprio la relazione tra le persone nel senso teologico del termine, intesa come il fondamento dell’esistenza.
La Scolastica intende la relazione come un semplice “accidente”, cioè una qualità che non appartiene all’essenza dell’oggetto.
Mentre la relazione è proprio l’essenziale, ciò che fonda l’esistenza della persona. Se noi siamo fondati in Dio, è ovvio che siamo fondati nella comunione delle Persone divine. Non esiste nessuna esistenza individuale di Dio, ma personale, cioè comunionale, nell’unità, tanto che le tre Persone sono un solo Dio. Infatti, come ci insegna la grande dottrina trinitaria dei Padri, la persona emerge dalle relazioni.
Il Figlio è Figlio perché emerge dal Padre, come il marito emerge dalla relazione con la moglie, e viceversa.
È proprio la relazione che fonda l’esistenza della persona secondo Dio.
Negli ultimi secoli queste cose sono cadute in oblio, o perlomeno non sono state considerate fondanti della nostra vita.
Questo a causa delle diverse tendenze che sono sorte negli ultimi tempi, che noi inventiamo secondo una specie di marketing del mondo, oppure che il mondo offre e che noi subito prendiamo.
Queste cose stanno spingendo nell’oblio o addirittura impediscono una fede che vede nel fondamento dell’esistenza la relazione tra le persone.
Qui c’è il vuoto più grande della nostra teologia e della nostra mentalità degli ultimi secoli.
Sembra che non abbiamo custodito la grande tradizione del Nuovo Testamento, dove si vede che il dono che riceviamo è la relazione, il dono che viene dall’azione dello Spirito Santo.
È l’Amore questa relazione di libera adesione, questo donarsi gli uni gli altri. E, come abbiamo detto, l’amore è questo dono prezioso che cambia la nostra esistenza.
Il grande vuoto è proprio questa assenza dello Spirito Santo, che non solo dona l’Amore e la relazione, ma liturgicamente porta il titolo di “Signore della comunione”.

Per i nostri schemi astratti, razionalistici, è quasi impossibile pensare che la vita divina sia costituita come relazione.
Eppure sempre ripetiamo: “comunione dello Spirito Santo”.
Questa comunione viene pienamente realizzata nell’umanità nella santità, la comunione dei santi.

La Chiesa nel suo cuore è la comunione dell’umanità nell’umanità di Cristo, che partecipa a questa vita trinitaria come relazione tra le persone, come dono. Tanto che Paolo si spinge nella concretezza dicendo che noi ci rendiamo servi gli uni degli altri, liberamente (cf Gal 5,13).
Solo una persona libera può essere servo, perché serve liberamente.
Cristo va al Padre e viene a noi: questa è la logica della relazione come servizio.
Sant’Atanasio dice che ciò che succede tra Padre e Figlio è una questione loro. Anche il sacrificio di Cristo di per sé non ci riguarda, perché senza lo Spirito Santo, che è il Signore della vita come comunione, che ci fa partecipare a questa relazione, sarebbe solo una questione tra Padre e Figlio.
È lo Spirito Santo che ci dischiude questo venire di Cristo, che è un arrivare dal Padre.

Anche liturgicamente il mistero pasquale si dischiuderà con la Pentecoste, la nascita della Chiesa, quando le donne e gli uomini vivono la vita nuova, quella secondo Dio.
Questa è la soglia tra i cristiani credenti e quelli nominalisti, la partecipazione a questa esistenza.
“Il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi” (Gv 14,19-20).

È straordinaria questa parola.
Vedere Cristo non vuol dire vedere Cristo davanti a noi, come intende la maggioranza dell’omiletica, dei discorsi, dei testi di proposta spirituale, cioè vedere Cristo davanti a noi e poi pregarlo.
No. Si tratta di vedere Cristo dal di dentro, vederlo dalla vita che ci unisce, di cui ci rende partecipi e con cui ci coinvolge nell’itinerario della sua umanità.
Allora, dall’interno di questa relazione, io conosco il Padre, perché vivo sempre più radicalmente la mia verità di figlio nel Figlio.
Questo non è possibile affrontarlo solo a livello di idee, di dottrina.
Questo si capisce solo quando tu dici: Tu sei mio padre. “Abbà”. In questo termine c’è persino una sfumatura di intimità, è il bambino che chiama così il papà.
L’accesso a ciò che dice Cristo è l’amore, altrimenti diventa subito ideologia e si è anche capaci di fare del male in nome di Cristo.
Si sono uccise tante persone in nome della verità, e purtroppo si continua a farlo.
Ma non si possono distruggere, perché Cristo è la verità e Cristo si realizza in modo pasquale.

Infatti, se si ama, se si ha questo tesoro del partecipare a Cristo, allora per esperienza sappiamo che abbiamo accolto un dono, che ci siamo trovati in Cristo (cf Fil 3,9) – come dice Paolo – “conquistati” e “raggiunti” da Cristo.
Non sono arrivato io a Cristo, è Lui che mi ha raggiunto.
È l’Amore, cioè lo Spirito Santo, che ci rende partecipi di questa relazione tra Padre e Figlio, e che poi si manifesta nelle nostre relazioni. E così nasce la Chiesa.
Questa è l’originalità della Chiesa.
Ma la storia conferma continuamente quanta sofferenza c’è nella Chiesa, proprio perché non si vive il dono della vita come libera adesione nella comunione ecclesiale. Di conseguenza, proprio per questo ci allontaniamo dalla fede come accoglienza del dono della vita quale comunione trinitaria, e spostiamo l’attenzione sulle idee, sui doveri, sul prestigio, sui poteri, sul governo, ecc.
Chi invece ancora vive il dono, viene facilmente maltratto da quelli ideologici. Paolo lo afferma chiaramente: Gal4,29.

Uno si affida e l’altro che lo accoglie diventa la manifestazione di colui a cui si è affidato. Quando uno crea questo spazio di accoglienza dell’altro, quando veramente vive la relazione come accoglienza, come primo atto di amore, l’altro si può manifestare così come veramente è, proprio perché ha trovato lo spazio della libera accoglienza. E perciò può manifestarsi violento, falso, egoista. Ma, incapace di ammettere questa sua immagine, scarica il proprio male, addirittura il proprio peccato sull’altro ed è capace addirittura di condannare l’altro. Stiamo parlando del processo a Cristo e della sua passione, del suo affidamento nelle nostre mani e della sua accoglienza dell’umanità.
Cristo ha realizzato la sua salvezza proprio attraverso la relazione, l’amore concreto.
Nel Getsemani, Cristo scopre e accoglie che le braccia di Dio Padre, a cui si affida, coincidono con le mani rapaci e violente di Giuda e dei banditi che sono venuti a prenderlo.
Oggi possiamo parlare di valori, di idee elevate, possiamo elaborare delle regole, ma manifestare Dio come Trinità, come comunione delle persone sembra che non avvenga, se non in modo silenzioso, attraverso quella parte silenziosa che non fa clamore e non attira l’attenzione su si sé, ma che sta silenziosamente immersa nella storia della vita.
E questi sono molti. La soglia rappresenta proprio il passaggio di cui si parla nel brano di oggi: lo Spirito Santo che è “presso di voi e sarà in voi” (Gv 14,17), la fede che passa da “presso di voi” a “in voi”.
Questo “presso di voi” potrebbe racchiudere ciò che si dice nell’Antico Testamento, ciò che testimonia l’Antico Testamento, ma il Nuovo Testamento è il passaggio “in noi” e questa è l’opera dello Spirito Santo, che è il Signore che dà la vita. Questa è anche la differenza tra la via della religione – anche dei cristiani – e la via ecclesiale, che è la partecipazione alla vita nuova in Cristo per lo Spirito Santo, come magistralmente ripete Yannaras.
In un mondo lacerato, individuocentrico, solo la vita “uno nell’altro” sarà in grado di manifestare il modo di vivere l’umanità di Cristo, che è quello della Pasqua.

SEMI è la rubrica del Centro Aletti disponibile ogni venerdì.
Ogni settimana, oltre all’omelia della domenica in formato audio, sarà disponibile sul sito LIPA un approfondimento delle letture della liturgia eucaristica domenicale o festiva.

 


Si me amáis consideraréis mi palabra como el tesoro más grande y más preciado de la vida, como la vida misma.

Por tanto, el vínculo hacia lo que Cristo nos dice es el amor: “si me amáis” (Jn 14,15).

No tenemos el Amor en nuestra naturaleza humana porque lo que tenemos es un amor de necesidad que no es capaz de ser libre, de donarse libremente, sino que con mucha facilidad empieza a hacer las cuentas.

El amor como libre adhesión, como libre don sin cálculos es confianza, como cuando se cierran los ojos y nos ponemos en las manos de los demás.

Y este amor lo recibimos del Espíritu Santo. El Espíritu Santo derrama en nuestros corazones el amor de Dios Padre (cf. Rom 5,5).

Juan dice que Cristo está yendo hacia el Padre (cf. Jn 14,12) y está viniendo hacia nosotros (cf. Jn 14,18) en el mismo acto. Voy al Padre y vengo a vosotros. Cristo en su divinohumanidad habita la relación hacia el Padre y hacia nosotros. Él vive como comunión tanto su humanidad como su divinidad. La naturaleza manifiesta el modo de existir de la persona, es decir, la existencia relacional.

Está claro entonces, que lo esencial en la existencia de la persona, y que Cristo está manifestando y realizando en su humanidad, es realmente la relación entre las personas.

Cristo está con el Padre y con nosotros: esto es la persona, esto es lo que Cristo manifiesta.

De hecho, no solo está con el Padre y con nosotros, sino que está en el Padre y en nosotros (Jn 14,20). No está solo con nosotros, sino dentro de nosotros.

Desde la escolástica en adelante, la realidad más desconocida es precisamente la relación entre las personas en el sentido teológico del término, entendida como el fundamento de la existencia.

La escolástica entiende la relación como un simple “accidente”, es decir, una cualidad que no pertenece a la esencia del objeto.

Mientras que la relación es precisamente lo esencial, es decir, lo que funda la existencia de la persona. Si nosotros estamos fundados en Dios, es evidente que estamos fundados en la comunión de las Personas divinas. No existe ninguna existencia individual en Dios, sino personal, es decir, comunitaria, en la unidad, tanto que las tres Personas son un solo Dios. De hecho, como nos enseña la gran doctrina trinitaria de los Padres, la persona emerge de las relaciones.

El Hijo es Hijo porque emerge del Padre, como el marido emerge de la relación con la mujer, y viceversa. Es precisamente la relación lo que funda la existencia de la persona según Dios.

En los últimos siglos estas cosas han caído en el olvido, o por lo menos, no han sido consideradas fundamentos de nuestra vida.

Esto ha sucedido a causa de las diversas tendencias que han surgido en los últimos tiempos, que nosotros cuando inventamos seguimos una especie de marketing del mundo, o que el mundo ofrece y que nosotros rápidamente tomamos.

Estas cosas están empujando al olvido o incluso impidiendo una fe que ve en el fundamento de la existencia la relación entre las personas.

Aquí está el vacío más grande de nuestra teología y de nuestra mentalidad en los últimos siglos. Parece que no hemos custodiado la gran tradición del Nuevo Testamento, donde se ve que el don que recibimos es la relación, el don que viene de la acción del Espíritu Santo.

El Amor es esta relación de libre adhesión, este donarse los unos a los otros. Y, como hemos dicho, el amor es este don preciado que cambia nuestra existencia.

El gran vacío es precisamente esta ausencia del Espíritu Santo, que no solo da el Amor y la relación, sino que litúrgicamente lleva el título de “Señor de la comunión”.

Para nuestros esquemas abstractos y racionalistas, es casi imposible pensar que la vida divina esté constituida como relación. Sin embargo, siempre repetimos “en la comunión del Espíritu Santo”. Esta comunión viene plenamente realizada en la humanidad en la santidad, la comunión de los santos.

La Iglesia en su corazón es la comunión de la humanidad en la humanidad de Cristo, que participa a esta vida trinitaria como relación entre las personas, como don. Tanto es así que Pablo concreta diciendo que nos servimos unos a otros gratuitamente (cf. Ga, 5,13).

Solo una persona libre puede ser siervo, porque sirve libremente. Cristo va al Padre y viene a nosotros: esta es la lógica de la relación como servicio.

San Atanasio dice que esto que sucede entre Padre e Hijo es una cuestión entre ellos. También el sacrificio de Cristo de por si no nos concierne, porque sin el Espíritu Santo, que es el Señor de la vida como comunión, que nos hace participar a esta relación, que sería solo una cuestión entre Padre e Hijo.

Es el Espíritu Santo que nos desenvuelve este devenir de Cristo, que es un llegar al Padre.

También litúrgicamente, el misterio pascual se desenvolverá con Pentecostés, el nacimiento de la Iglesia, cuando las mujeres y los hombres vivirán la vida nueva, aquella según Dios. Esta es la diferencia entre los cristianos creyentes y aquellos nominalistas, la participación a esta existencia.

“Dentro de poco el mundo no me verá, pero vosotros me veréis y viviréis, porque yo sigo viviendo. Entonces sabréis que yo estoy en mi Padre, y vosotros en mi y yo en vosotros” (Jn 14, 19-20).

Esta palabra es extraordinaria. Ver a Cristo no quiere decir ver a Cristo delante de nosotros, como entiende la mayor parte de la homilética, de los discursos, de los textos de propuesta espiritual, es decir, ver a Cristo delante de nosotros y después rezarle.

No. Se trata de ver a Cristo desde dentro, verlo desde la vida que nos une, de la cual nos hace partícipes y con la cual nos involucra en el itinerario de su humanidad. De esta manera, desde el interior de esta relación, yo conozco al Padre porque vivo cada vez más radicalmente mi verdad de ser hijo en el Hijo. Esto no es posible afrontarlo solo a nivel de las ideas, de doctrina. Esto se entiende solo cuando tú dices: Tú eres mi padre. “Abbá”. En este término hay incluso un matiz de intimidad, aquel del niño que llama así a su papá.

El acceso a lo que dice Cristo es el amor, de lo contrario se vuelve inmediatamente una ideología y se es también capaz de hacer el mal en nombre de Cristo. Se han matado a tantas personas en nombre de la verdad, y por desgracia continúa haciéndose.

Pero no se pueden destruir porque Cristo es la verdad, y Cristo se realiza en modo pascual.

De hecho, si se ama, si se tiene este tesoro de participar de Cristo, entonces por experiencia sabemos que hemos acogido un don, que nos hemos encontrado en Cristo (cf. Fil 3,9)-como dice Pablo- “conquistados” y “alcanzados” por Cristo.

No he llegado yo a Cristo, es Él quien me ha alcanzado.

Es el Amor, es decir, el Espíritu Santo, que nos hace partícipes de esta relación entre Padre e Hijo, y que después se manifiesta en nuestras relaciones. Y así nace la Iglesia. Pero la historia confirma continuamente cuanto sufrimiento hay en la Iglesia, precisamente porque no se vive el don de la vida como libre adhesión en la comunión eclesial. Precisamente por eso nos alejamos de la fe como acogida del don de la vida como comunión trinitaria, y ponemos la atención en las ideas, los deberes, el prestigio, los poderes, el gobierno, etc.

En cambio, quien todavía vive el don, vive maltratado por estas ideologías. Pablo lo confirma claramente: Gal 4,29.

Uno se confía a otro, y el otro que lo acoge se vuelve manifestación de aquel a quien se ha confiado. Cuando uno crea este espacio de acogida del otro, cuando realmente vive la relación como acogida, como primer acto de amor, el otro se puede manifestar así como verdaderamente es, precisamente porque ha encontrado el especio de la libre acogida. Y por eso puede manifestarse violento, falso, egoísta. Pero, incapaz de admitir esta imagen suya, descarga todo el propio mal, incluso el propio pecado, sobre el otro y es capaz incluso de condenarlo.

Estamos hablando del juicio a Cristo y de su pasión, de su confiarse en nuestras manos y de su acogida de nuestra humanidad.

Cristo ha realizado la salvación precisamente a través de las relaciones, el amor concreto. En Getsemaní, Cristo descubre y acoge que los brazos de Dios Padre, a quien se confía, coinciden con las manos rapaces y violentas de Judas y de los bandidos que han venido a detenerlo.

Hoy podemos hablar de valores, de ideas elevadas, podemos elaborar reglas, pero manifestar a Dios como Trinidad, como comunión de las personas, parece que no tiene lugar si no, en modo silencioso, a través de aquella parte silenciosa que no hace clamor y no llama la atención sobre uno mismo, sino que está silenciosamente sumergido en la historia de la vida.

Y estos son muchos. El umbral representa precisamente el paso del cual se habla en el pasaje de hoy: el Espíritu Santo que “mora con vosotros y está en vosotros” (Jn 14,17), la fe que pasa del “mora con vosotros” al “en vosotros”.

Este “mora con vosotros” podría desvelar lo que se dice en el Antiguo Testamento, lo que testimonia el Antiguo Testamento, pero el Nuevo Testamento es el paso al “en nosotros” y esta es la obra del Espíritu Santo, que es el Señor que da la vida. Esta es también la diferencia entre el camino de la religión -también de los cristianos- y el camino eclesial, que es la participación a la vida nueva en Cristo por el Espíritu Santo, como magistralmente repite Yannaras. En un mundo desgarrado, individuocéntrico, solo la vida “uno en el otro” estará a la altura de manifestar el modo de vivir de la humanidad de Cristo, que es el de la Pascua.

 


 


Če me ljubite, boste mojo besedo smatrali za največji in najdragocenejši zaklad življenja, za življenje samo.

Odnos do tega, kar nam pove Kristus, je torej ljubezen: »Če me ljubite« (Jn 14,15).

V svoji človeški naravi nimamo Ljubezni, kajti to, kar imamo, je ljubezen iz potrebe; ta pa ne more biti svobodna, ne zna se svobodno darovati, ampak hitro izstavi račun.

Ljubezen kot svoboden pristanek, kot svoboden dar brez preračunavanja, je zaupanje, je kot takrat, ko zapreš oči in se prepustiš rokam drugih.

To ljubezen prejmemo od Svetega Duha.

Sveti Duh v naša srca vliva ljubezen Boga Očeta (prim. Rim 5,5).

Janez pove, da Kristus istočasno odhaja k Očetu (prim. Jn 14,12) in prihaja k nam (prim. Jn 14,18). »Grem k Očetu in pridem k vam«. V svoji bogočloveškosti Kristus prebiva v odnosu do Očeta in do nas. Tako svojo človeškost kot svojo božanskost živi kot občestvo. Narava razodeva način bivanja osebe, in to bivanje je odnosno.

Jasno je torej, da je to, kar je v življenju osebe bistveno in kar Kristus razodeva in uresničuje v svoji človeškosti, prav odnos med osebami.

Kristus je z Očetom in je z nami: to je oseba, to je to, kar Kristus razodeva.

Ne le, da je z Očetom in z nami, ampak je »v« Očetu in »v« nas (Jn 14,20).

Ni le z nami, ampak je v nas.

Od sholastike dalje je najbolj nepoznana stvarnost prav odnos med osebami v teološkem pomenu besede, razumljen kot temelj bivanja.

Sholastika smatra odnos kot preprost »dodatek«, to je: kot značilnost, ki ne pripada bistvu predmeta.

Vendar je odnos bistven, to je: v njem temelji obstoj osebe. Če smo utemeljeni v Bogu, je jasno, da smo utemeljeni v občestvu Božjih oseb. Ne obstaja noben individualni obstoj Boga, ampak osebni, to je občestveni, v edinosti, tako da so tri Osebe en sam Bog.

Kakor nas namreč uči veliki trinitarični nauk očetov, oseba izhaja iz odnosov.

Sin je Sin, ker izhaja iz Očeta, kot mož izhaja iz odnosa z ženo, in obratno.

Prav odnos je tisti, ki utemeljuje obstoj osebe po Bogu.

V zadnjih stoletjih so te stvari zašle v pozabo ali vsaj niso veljale za temeljne v našem življenju.

Razlog za to so različni trendi, ki so se pojavili v zadnjih časih in smo jih izdelali po zgledu trgovske logike sveta, ali po tem, kar svet nudi, mi pa takoj sprejmemo.

Te stvari potiskajo v pozabo ali celo ovirajo vero, ki vidi v temelju bivanja odnose med osebami.

Tukaj je največja praznina v naši teologiji in miselnosti zadnjih stoletij.

Zdi se, da nismo ohranili velikega izročila Nove zaveze, kjer se vidi, da je dar, ki ga prejmemo, odnos, dar, ki prihaja po delovanju Svetega Duha.

Ta odnos svobodne pripadnosti, to medsebojno podarjanje je Ljubezen. In kot smo rekli, je ljubezen ta dragoceni dar, ki spreminja naše bivanje.

Velika praznina je prav odsotnost Svetega Duha, ki ne samo podarja Ljubezen in odnos, ampak ima v liturgiji naziv »Gospod občestva«.

V naših abstraktnih, racionalističnih shemah je skoraj nemogoče misliti, da je Božje življenje v svojem bistvu odnos.

Pa vendar vedno ponavljamo: »občestvo Svetega Duha.«

To občestvo je v človeštvu v polnosti uresničeno v svetosti, v občestvu svetnikov.

Cerkev je v svojem srcu občestvo človeštva v Kristusovi človeškosti, ki je udeleženo pri tem trinitaričnem življenju, ki je odnos med osebami, ki je dar. Pavel to konkretizira, ko pravi, da smo služabniki drug drugemu, v svobodi (prim. Gal 5,13).

Samo svobodna oseba je lahko služabnik, ker služi svobodno.

Kristus gre k Očetu in pride k nam: to je logika odnosa kot služenja.

Sveti Atanazij pravi, da je to, kar se dogaja med Očetom in Sinom, njuna stvar. Tudi Kristusova žrtev nas sama po sebi ne zadeva, saj bi bila brez Svetega Duha, ki je Gospod življenja kot občestva in nas udeleži pri tem odnosu, zgolj stvar med Očetom in Sinom.

Sveti Duh je tisti, ki nam odpre ta Kristusov prihod, ki je prihod od Očeta.

Tudi liturgično se bo velikonočna skrivnost razkrila na binkošti, z rojstvom Cerkve, ko bodo žene in možje zaživeli novo življenje, življenje po Bogu.

Udeleženost pri tem bivanju je prag med vernimi kristjani in tistimi, ki so to zgolj po imenu.

»Svet me ne bo več videl, vi pa me boste videli, ker jaz živim in živeli boste tudi vi. Tisti dan boste spoznali, da sem jaz v Očetu in vi v meni in jaz v vas« (Jn 14,19-20).

Ta beseda je izjemna.

Videti Kristusa ne pomeni videti ga pred seboj, kot to smatra večina homilij, razprav, duhovnih besedil, to je: videti Kristusa pred seboj in ga moliti.

Ne. Gre za to, da vidimo Kristusa od znotraj, da ga vidimo v življenju, ki nas združuje, pri katerem nas udeleži in s katerim nas vključi v pot svoje človeškosti.

Znotraj tega odnosa torej spoznavam Očeta, saj vse radikalneje živim svojo resnico sina v Sinu.

Tega ni mogoče obravnavati le na ravni idej ali nauka.

To razumeš samo, ko rečeš: Ti si moj oče. »Abba.« V tem izrazu je celo pridih intimnosti, tako reče otrok svojemu očku.

Dostop do tega, kar govori Kristus, je ljubezen, sicer hitro postane ideologija in človek lahko v Kristusovem imenu celo dela zlo.

Mnogo ljudi je bilo ubitih v imenu resnice, in žal se to še vedno dogaja.

Vendar se jih ne da uničiti, kajti Kristus je resnica in On se uresničuje na velikonočni način.

Če namreč ljubimo, če imamo ta zaklad, da smo udeleženi pri Kristusu, potem vemo iz izkušnje, da smo sprejeli dar, da smo se znašli v Kristusu (prim. Flp 3,9) – kot pravi Pavel – nas je »osvojil« in »dosegel« Kristus.

Nisem jaz prišel h Kristusu, ampak me je dosegel On.

Ljubezen je tista, se pravi Sveti Duh je tisti, ki nas udeleži pri tem odnosu med Očetom in Sinom in ki se potem pokaže v naših odnosih. In tako se rodi Cerkev.

To je izvirnost Cerkve.

Zgodovina pa nam nenehno potrjuje, koliko trpljenja je v Cerkvi prav zato, ker ne živimo daru življenja kot svobodno pripadnost v cerkvenem občestvu. Posledično se prav zaradi tega oddaljimo od vere kot sprejetja daru življenja trinitaričnega občestva, in preusmerimo pozornost na ideje, dolžnosti, ugled, moči, vodenje itd.

Kdor pa še vedno živi dar, ga ti ideologi kmalu mučijo. Pavel to jasno pove v Gal 4,29.

Nekdo se izroči in kdor ga sprejme, razodene njega, ki se mu je izročil. Ko človek v sebi ustvari prostor za sprejem drugega, ko resnično živi odnos kot sprejemanje, kot prvo dejanje ljubezni, se drugi lahko razodene takšen, kakršen v resnici je, saj je našel prostor svobodnega sprejemanja. Zato se lahko razodene nasilen, lažen, egoističen. Ker pa te svoje podobe ne zmore priznati, strese vse svoje zlo, tudi svoj greh, na drugega in je sposoben drugega celo obsoditi. Govorimo o procesu proti Kristusu in o njegovem trpljenju, o njegovi izročitvi v naše roke in o njegovem sprejemanju človeštva.

Kristus je uresničil svoje odrešenje prav preko odnosa, preko konkretne ljubezni.

Kristus v Getsemaniju odkrije in sprejeme, da roke Boga Očeta, katerim se je izročil, sovpadajo z grabežljivimi in nasilnimi rokami Juda in razbojnikov, ki so prišli ponj.

Danes lahko govorimo o vrednotah, o najbolj vzvišenih idejah, lahko izdelamo pravila, a se zdi, da Boga kot Trojice, kot občestva oseb, ne moremo razodeti, razen v tihoti, preko tistega tihega dela človeštva, ki ne dviga glasu, ki ne opozarja nase, ampak je v tihoti potopljen v zgodovino življenja.

In teh je veliko. Prag predstavlja prav prehod, o katerem govori današnji odlomek: Sveti Duh, ki je »pri vas, bo v vas« (Jn 14,17), vera, ki preide od »pri vas« k »v vas«.

Ta »pri vas« bi lahko zaobjel vse, kar je rečeno v Stari zavezi, vse, kar pričuje Stara zaveza; Nova zaveza pa je prehod »v vas« in to je delo Svetega Duha, ki je Gospod, ki daje življenje. To je tudi razlika med religiozno potjo – tudi kristjanov – in cerkveno potjo, ki je udeleženost pri novem življenju v Kristusu, po Svetem Duhu, kot mojstrsko ponavlja Yannaras.

V razkosanem, vase zaverovanem svetu bo samo življenje »enega v drugem« sposobno razodeti način življenja Kristusove človeškosti, ki je velikonočni način.

SEMENA je rubrika centra Aletti, ki je na voljo vsako soboto (v italijanščini že v petek). Vsak teden bo na spletni strani LIPE poleg nedeljske homilije v zvočni obliki (v italijanščini) na voljo tudi poglobitev Božje besede nedeljske ali praznične svete maše.