Approfondimento delle letture della liturgia
Profundización de las lecturas de la liturgia
Poglobitev Božje besede
Produbljivanje liturgijskih tekstova

[SEMI] XX DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Anno A) 2

ITALIANO

San Paolo porta in sé una sofferenza che attraversa tutti gli anni del suo servizio al Vangelo.

Lui è stato chiamato ad annunciare il Vangelo, che è Cristo, ai gentili, ma nel cuore lo accompagna la sofferenza che proprio il suo popolo non ha accolto Cristo.

Nella Lettera ai Romani, Paolo parla di Abramo sottolineando che proprio Abramo per il popolo eletto è progenitore secondo la carne, ma presto arriva a dire che è nostro padre nella fede. E con la figura di Abramo fa vedere come Dio preparava la rivelazione del suo disegno di rivelare il mistero nascosto da secoli (cf Ef 3,9; Col 1,26) proprio nella discendenza di Abramo, perché si trattava di avere la fede nella promessa data ad Abramo (cf At 7,17).

Come aiuto per vivere l’Alleanza, Dio ha dato al suo popolo la Legge, ma questa è stata vissuta in modo tale che si rischiava di non rafforzare la fede, ma addirittura di scivolare verso un’esecuzione religiosa dei precetti.

Ma la promessa dell’eredità passa per la fede, non per la Legge.

Paolo dice: “Ora io dico: un testamento stabilito in precedenza da Dio stesso, non può dichiararlo nullo una Legge che è venuta quattrocentotrenta anni dopo, annullando così la promessa” (Gal 3,17).

“Se infatti l’eredità si ottenesse in base alla Legge, non sarebbe più in base alla promessa; Dio invece ha fatto grazia ad Abramo mediante la promessa” (Gal 3,18).

Ma la Legge può ingannare l’uomo con una giustificazione che non fa trovare l’uomo in una relazione reale e giusta con Dio, “poiché per le opere della Legge non verrà mai giustificato nessuno” (Gal 2,16).

“… ma soltanto per mezzo della fede in Gesù Cristo, abbiamo creduto anche noi in Cristo Gesù per essere giustificati per la fede in Cristo e non per le opere della Legge” (Gal 2,16).

Perciò, per Paolo, l’Alleanza con Abramo e la sua discendenza e la promessa a lui fatta da Dio è la via che Dio ha tracciato per preparare l’umanità all’accoglienza del suo Figlio, che lui dona “per la vita del mondo” (Gv 6,51).

Solo la fede prepara l’uomo all’accoglienza, perché la fede stessa è accoglienza (cf Ef 3,17).

Abramo ha accolto i tre ospiti ed ha accolto il dono della vita. Lui ha ricevuto la giustificazione per la fede. “Abramo credette a Dio e ciò gli fu accreditato come giustizia” (Rm 4,3).

Allora, per Paolo, il dolore nasce dal fatto che una certa parte del suo popolo si è chiusa al dono della vita che è Cristo Gesù, rifiutando proprio la via che il Signore ha scelto per preparare l’umanità all’accoglienza del dono. Questa è la sofferenza di Paolo.

La Legge non dona la vita, non ti fa partecipare alla vita, che è quella di Dio stesso (cf Gal 3,21).

Invece la fede fa accogliere Cristo, e Cristo è la nostra vita (cf Col 3,4).

Come si arriva alla partecipazione della sua vita? Da morti.

Infatti, Paolo dice che la riammissione degli Ebrei non può essere altro che “una vita dai morti” (Rm 11,15).

Paolo ha vissuto la sua morte tre giorni (cf At 9,9). Perciò può scrivere che dal Battesimo si esce “come viventi ritornati dai morti” (Rm 6,13).

Se non si ha l’esperienza che si è davvero morti e che da soli non riusciamo ad evitarla e a superarla, non si arriva alla fede che è l’accoglienza del dono.

La morte non si supera con l’impegno e con l’elenco dei meriti che vogliamo presentare a Dio. Se percorriamo questa via, poi non resta altro che ciò che offre la cultura contemporanea, ossia attutire, smorzare la morte, ma si muore comunque.

Invece Paolo dice: “da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati” (Ef 2,5).

“Per grazia infatti siete salvati mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene” (Ef 2,8-9).

E questa esperienza della vita nuova, che è veramente Cristo in persona, non può che essere un dono. E il dono viene da Dio. E chi lo accoglie passa la morte e si risveglia in questa vita assolutamente nuova che si realizza come dono.

Non si tratta di autorealizzarsi secondo qualche progetto eccezionale, magari esigente e perfetto da un punto di vista religioso, ma si tratta di una realizzazione di sé donandosi agli altri.

Si tratta veramente di riconoscersi in una situazione dove l’unica via è la misericordia. E questa certamente non appartiene all’uomo, ma solo a Dio. Solo Dio te la fa vivere gratuitamente e allora senti che diventa una dimensione della tua nuova esistenza.

Per questo Paolo, che prima sperava che il suo servizio così totale ai gentili, almeno per gelosia muovesse i suoi connazionali, alla fine ammette che Dio ha fatto in modo tale che tutta l’iniziativa, tutta l’azione è solo Sua perché lui è Amore, il dono libero.

Perciò tutta l’attività dell’uomo sta nell’accogliere. E Paolo soffre perché proprio quelli religiosi non sono in grado di accogliere, anzi hanno rifiutato il dono e giudicato Cristo.

Tutti sono disobbedienti, gli ebrei, immagine dei religiosi, e i pagani.

“Non c’è nessun giusto, nemmeno uno, non c’è chi comprenda, non c’è nessuno che cerchi Dio! Tutti hanno smarrito la via, insieme si sono corrotti; non c’è chi compia il bene, non ce n’è neppure uno”. (Rm 3,10-12).

L’inizio dell’umanità nuova è Dio Padre, con la sua misericordia. Egli è anche l’inizio di ogni vita vera e di ogni opera che davvero faccia bene all’uomo. La fede cresce dall’esperienza della misericordia e dunque, evidentemente, questa è la dimensione fondante della Chiesa stessa.

 

SEMI è la rubrica del Centro Aletti disponibile ogni venerdì.
Ogni settimana, oltre all’omelia della domenica in formato audio, sarà disponibile sul sito LIPA un approfondimento delle letture della liturgia eucaristica domenicale o festiva.


 

ESPAÑOL

San Pablo carga sobre si un sufrimiento que atraviesa todos los años del su servicio al Evangelio.

Él ha sido llamado a anunciar el Evangelio, que es Cristo, a los gentiles, pero en el corazón lo acompaña el sufrimiento que su propio pueblo no ha acogido a Cristo.

En la Carta a los Romanos, Pablo habla de Abraham subrayando que Abraham es el progenitor según la carne del pueblo elegido, pero después rápidamente dice que es nuestro padre en la fe. Y con la figura de Abraham hace ver como Dios preparaba la revelación de su plan de revelar el misterio escondido por siglos (cf. Ef 3,9; Col 1,26) precisamente en la descendencia de Abraham, porque se trataba de tener fe en la promesa hecha a Abraham (cf. Hch 7,17).

Como ayuda para vivir la Alianza, Dios ha dado a su pueblo la Ley, pero esta ha sido vivida de tal modo que se corría el riesgo de no reforzar la fe sino incluso de deslizarse hacia una ejecución religiosa de los preceptos.

Pero la promesa se hereda por medio de la fe yJAJAJ no por la Ley.

Pablo dice “Lo que digo es esto: un testamento debidamente otorgado por Dios no pudo invalidarlo la ley, que apareció cuatrocientos treinta años más tarde, de modo que anulara la promesa” (Gal 3,17).

“Pues, si la herencia viniera en virtud de la ley, ya no dependería de la promesa; y es un hecho que a Abrahán Dios le otorgó su gracia en virtud de la promesa” (Gal 3,18).

Pero la Ley puede engañar al hombre con una justificación que no hace que el hombre se encuentre en una relación real y justa con Dios “pues bien, las promesas se le hicieron a Abrahán y a su descendencia, no dice «y a los descendientes», como si fueran muchos, sino y a tu descendencia, que es Cristo” (Gal 2,16).

Por eso, para Pablo, la Alianza de Abraham y su descendencia y la promesa hecha a él por parte de Dios es el camino que Dios ha trazado para preparar a la humanidad para la acogida de su Hijo, que él dona “para la vida del mundo” (Jn 6,51).

Solo la fe prepara al hombre para la acogida, porque la fe misma es acogida. (cf. 3,17).

Abraham ha acogido a los tres huéspedes y ha acogido el don de la vida. Él ha recibido la justificación por la fe. “Abrahán creyó a Dios y le fue contado como justicia” (Rm 4,3).

Entonces, para Pablo, el dolor nace del hecho que una cierta parte de su pueblo se ha cerrado al don de la vida que es Cristo Jesús, rechazando el camino que precisamente el Señor ha elegido para preparar a la humanidad a la acogida del don. Este es el sufrimiento de Pablo.

La Ley no da la vida, no te hace participar a la vida, que es aquella de Dios mismo (cf. Gal 3,21).

Por el contrario, la fe permite acoger a Cristo y Cristo es nuestra vida (cf. Col 3,4).

¿Cómo se llega a participar de su vida? Como muertos.

De hecho, Pablo dice que la readmisión de los Hebreos no puede venir sino de “una vida de muertos” (cf. Rom 11,15).

Pablo ha vivido su muerte tres días (cf. Hch 9,9). Por eso puede escribir que del Bautismo se sale “como quienes han vuelto a la vida desde la muerte” (Rom 6,16).

Si no se tiene la experiencia de que se ha verdaderamente muerto y que por nuestra cuenta no somos capaces de evitarla ni de superarla, no se llega a la fe que es acogida del don.

La muerte no se supera con esfuerzo ni con un elenco de méritos que queramos presentar a Dios. Si recorremos esta vía, entonces no queda otra cosa que aquello que ofrece la cultura contemporánea, es decir suavizar, atenuar la muerte, pero se muere de todos modos.

En cambio, Pablo dice “estando nosotros muertos por los pecados, nos ha hecho revivir con Cristo: estáis salvados por pura gracia” (Ef 2,5).

“En efecto, por gracia estáis salvados, mediante la fe. Y esto no viene de vosotros: es don de Dios. Tampoco viene de las obras, para que nadie pueda presumir” (Ef 2, 8-9).

Y esta experiencia de la vida nueva, que es verdaderamente Cristo en persona, no puede sino ser un don. Y el don viene de Dios. Y quien lo acoge supera la muerte y se despierta en esta vida absolutamente nueva que se realiza como don.

No se trata de autorrealizarse según algún proyecto excepcional, quizás exigente y perfecto desde un punto de vista religioso, sino que se trata de la realización de un mismo donándose a los demás.

Se trata verdaderamente de reconocerse en una situación donde la única vía es la misericordia. Y esta ciertamente no pertenece al hombre, sino solo a Dios. Solo Dios te la hace vivir gratuitamente y entonces sientes que se transforma en una dimensión de tu nueva existencia.

Por esto Pablo, que primero esperaba que su servicio tan total a los gentiles, al menos por el celo moviese también a sus connacionales, al final admite Dios ha hecho de tal modo que toda la iniciativa, toda la acción es solo Suya porque él es Amor, el don libre.

Por tanto, toda la actividad del hombre está en el acoger. Y Pablo sufre porque precisamente aquellos que son religiosos no están en grado de acoger, incluso han rechazado el don y juzgado a Cristo.

Todos son desobedientes, los hebreos, imagen de los que son religiosos, y los paganos.

“No hay nadie justo, ni uno solo; no hay nadie sensato; no hay nadie que busque a Dios. Todos se extraviaron, a una se han pervertido; no hay nadie que haga el bien; no hay ni siquiera uno” (Rom 3, 10-12).

El inicio de la humanidad nueva es Dios Padre, con su misericordia. Él es también el inicio de toda vida y de toda obra que verdaderamente haga bien al hombre. La fe crece desde la experiencia de la misericordia y por tanto, evidentemente, esta es la dimensión fundamental de la misma Iglesia.

 

SEMILLAS es una publicación del Centro Aletti disponible todos los viernes. Cada semana, además del audio de la homilía dominical, estará disponible en el sitio de LIPA un comentario a las lecturas de la Liturgia del Domingo, como así también a las lecturas de la semana.


 

SLOVENŠČINA

Sveti Pavel nosi v sebi trpljenje, ki ga spremlja skozi vsa leta njegovega služenja evangeliju.

Poklican je bil, da evangelij, ki je Kristus, oznanja poganom, v srcu pa nosi trpljenje, da prav njegovo ljudstvo Kristusa ni sprejelo.

V Pismu Rimljanom Pavel govori o Abrahamu in poudari, da je prav on za izvoljeno ljudstvo praoče po mesu, nato pa hitro preide na to, da je naš oče v veri. S podobo Abrahama pokaže, kako je Bog pripravljal razodetje svojega načrta, da razodene od vekov skrito skrivnost (prim. Ef 3,9; Kol 1,26) prav v Abrahamovih potomcih, saj je šlo za to, da bi verovali v obljubo dano Abrahamu (prim. Apd 7,17).

Da bi svojemu ljudstvu pomagal živeti zavezo, jim je Bog dal Postavo. Vendar pa so jo živeli tako, da je bilo zanje nevarno, da vere ne le ne okrepijo, ampak celo zdrsnejo v religiozno izpolnjevanje predpisov.

Toda obljuba dediščine gre preko vere, ne preko Postave.

Pavel pravi: »Pravim pa tole: če je Bog prej naredil veljavno oporoko, je postava, ki je nastala šele štiristo trideset let pozneje, ne more razveljaviti tako, da bi bila obljuba neučinkovita« (Gal 3,17).

»Kajti če dediščina izvira iz postave, ni več iz obljube; Bog pa je Abrahamu izkazal milost prek obljube« (Gal 3,18).

Vendar pa lahko Postava človeka zavede z opravičilom, ki ga ne pripelje do resničnega in pravilnega odnosa z Bogom, saj »človek ni opravičen po delih postave, ampak edinole po veri v Jezusa Kristusa. Zato smo tudi mi začeli verovati v Kristusa Jezusa, da bi bili opravičeni po veri v Kristusa in ne po delih postave« (Gal 2,16).

Zato je za Pavla zaveza z Abrahamom in njegovim potomstvom ter obljuba, ki jo je Bog dal Abrahamu, pot, ki jo je Bog začrtal, da človeštvo pripravi na sprejem njegovega Sina, ki ga daje »za življenje sveta« (Jn 6,51).

Samo vera pripravi človeka, da sprejme, kajti vera sama je sprejetje (prim. Ef 3,17).

Abraham je sprejel tri goste, hkrati z njimi pa tudi dar življenja. Prejel je opravičenje po veri. »Abraham je verjel Bogu in to mu je bilo šteto v pravičnost« (Rim 4,3).

Pavlova bolečina izvira iz dejstva, da se je del njegovega ljudstva zaprl pred darom življenja, ki je Kristus Jezus, s tem, ko je zavrnil pot, ki jo je Gospod izbral, da pripravi človeštvo na sprejem daru. To je Pavlovo trpljenje.

Postava ne daje življenja, ne udeleži te pri življenju, ki je življenje Boga samega (prim. Gal 3,21).

Vera pa ti daje, da sprejmeš Kristusa. Kristus pa je naše življenje (prim. Kol 3,4).

Kako postanemo udeleženi pri njegovem življenju? Tako da umremo.

Pavel namreč pravi, da ponovno sprejetje Judov ne more biti drugo kot »življenje iz mrtvih« (Rim 11,15).

Pavel je tri dni doživljal svojo smrt (prim. Apd 9,9). Zato lahko zapiše, da iz krsta vstanemo »kot ljudje, ki so prešli od smrti v življenje« (Rim 6,13).

Če nimamo izkušnje, da smo resnično mrtvi in da se sami ne moremo izogniti smrti in je ne premagati, ne pridemo do vere, ki je sprejetje daru.

Smrti se ne da premagati s prizadevanjem in ne s tem, da Bogu predstavimo spisek zaslug. Če gremo po tej poti, nam ne preostane drugega kot to, kar nudi sodobna kultura: smrt utišati, zadušiti. Umremo pa vseeno.

Pavel pa pravi: »Čeprav smo bili zaradi prestopkov mrtvi, nas je skupaj s Kristusom oživil – po milosti ste bili namreč odrešeni« (Ef 2,5).

»Z milostjo ste namreč odrešeni po veri, in to ni iz vas, ampak je Božji dar. Niste odrešeni iz del, da se ne bi kdo hvalil« (Ef 2,8-9).

Izkušnja novega življenja, ki je resnično Kristus sam, ne more biti drugega kot dar. Dar pa pride od Boga. In kdor ga sprejme, preide iz smrti ter se prebudi v tem povsem novem življenju, ki se uresničuje kot dar.

Ne gre za samouresničenje po kakem izjemnem načrtu, morda zahtevnem in popolnem z religioznega vidika, ampak gre za uresničevanje sebe preko darovanja drugim.

Resnično gre za to, da se prepoznamo v situaciji, kjer je edina pot usmiljenje. To pa prav gotovo ne pripada človeku, ampak samo Bogu. Samo Bog ti ga daje živeti zastonj in takrat okusiš, da postane razsežnost tvojega novega obstoja.

Zato Pavel, ki je sprva upal, da bo njegovo popolno služenje poganom vsaj iz ljubosumja zganilo njegove rojake, na koncu prizna, da je Bog storil tako, da je vsa pobuda in vse delovanje samo Njegovo, kajti on je Ljubezen, svoboden dar.

Vsa človekova aktivnost je zato v sprejemanju. In Pavel trpi, ker prav ti religiozni ljudje niso sposobni sprejeti, ampak so celo zavrnili dar in obsodili Kristusa.

Vsi so nepokorni, Hebrejci, podoba religioznih ljudi, in pogani.

»Ni pravičnega, niti enega, ni razumnega, ni ga, ki bi iskal Boga. Vsi so zablodili, vsi skupaj so se izpridili; ni ga, ki bi delal dobro, ni ga, niti enega« (Rim 3,10-12).

Začetek novega človeštva je Bog Oče s svojim usmiljenjem. On je tudi začetek vsakega resničnega življenja in vsake dejavnosti, ki je resnično v dobro človeku. Vera raste iz izkušnje usmiljenja in zato je jasno, da je to temeljna razsežnost Cerkve.

 

SEMENA je rubrika centra Aletti, ki je na voljo vsak petek ali soboto (v italijanščini že v petek). Vsak teden bo na spletni strani LIPE poleg nedeljske homilije v zvočni obliki (v italijanščini) na voljo tudi poglobitev Božje besede nedeljske ali praznične svete maše.

 


 

HRVATSKI

Sveti Pavao nosi u sebi patnju koja se proteže kroz sve godine njegova služenja Evanđelju.

Bio je pozvan naviještati Evanđelje, koje je Krist, poganima, ali ga u srcu prati patnja što njegov vlastiti narod nije prihvatio Krista.

U Poslanici Rimljanima Pavao govori o Abrahamu, naglašavajući da je upravo Abraham praotac po tijelu za izabrani narod, ali će brzo doći do toga da će reći kako je on naš otac u vjeri. Sa figurom Abrahama pokazuje kako je Bog pripremio objavu svoga nauma, otkriti otajstvo skriveno vjekovima (usp. Kol 1, 26), upravo u Abrahamovu potomstvu, jer se radilo o tome da se ima vjera u obećanje dano Abrahamu (usp. Dj 7,17).

Kao pomoć u življenju Saveza, Bog je svom narodu dao Zakon, no njega se živjelo na način zbog kojeg se izlagalo opasnosti da se ne ojača vjera, nego da se čak sklizne prema religioznom izvršavanju propisa.

Međutim, obećanje baštine ide preko vjere, a ne preko Zakona.

Pavao kaže: „Ovo hoću kazati: Saveza koji je Bog valjano sklopio ne obeskrepljuje Zakon, koji je nastao četiri stotine i trideset godina poslije, i ne dokida obećanja“ (Gal 3, 17).

„Doista, ako se baština zadobiva po Zakonu, ne zadobiva se po obećanju. A Abrahama je Bog po obećanju obdario“ (Gal 3, 18).

Ali Zakon može prevariti čovjeka s opravdanjem koje ne dovodi čovjeka do toga da se nađe u stvarnom i pravednom odnosu s Bogom, jer „čovjek se ne opravdava po djelima Zakona“ (Gal 2, 16).

„…nego vjerom u Isusa Krista. Zato i mi u Krista Isusa povjerovasmo da se opravdamo po vjeri u Krista, a ne po djelima Zakona“ (Gal 2, 16).

Stoga, za Pavla, Savez s Abrahamom i njegovim potomstvom te obećanje koje mu je Bog dao jest put koji je Bog zacrtao kako bi pripremio čovještvo za prihvaćanje svoga Sina, kojega on dariva „za život svijeta“ (Iv 6, 51).

Samo vjera priprema čovjeka za prihvaćanje, jer sama vjera je prihvaćanje (usp. Ef 3,17).

Abraham je primio tri gosta i primio dar života. Primio je opravdanje po vjeri. „Povjerova Abraham Bogu i uračuna mu se u pravednost“ (Rim 4, 3).

Dakle, za Pavla, bol proizlazi iz činjenice da se određeni dio njegova naroda zatvorio daru života koji je Krist Isus, odbacujući upravo način na koji je Gospodin odlučio pripremiti čovještvo za prihvaćanje dara. To je Pavlova patnja.

Zakon ne dariva život, ne omogućuje ti da sudjeluješ u životu, koji je život samoga Boga (usp. Gal 3,21).

Vjera nam, naprotiv, omogućuje da primimo Krista, a Krist je naš život (usp. Kol 3,4).

Kako se dolazi do sudjelovanja u njegovom životu? Kao oni koji su mrtvi.

Pavao, naime, kaže da ponovno prihvaćanje Hebreja ne može biti drugo doli „oživljenje od mrtvih“ (Rim 11,15).

Pavao je svoju smrt živio tri dana (usp. Dj 9,9). Zato može napisati da se iz krštenja izlazi poput mrtvih koji su oživjeli (usp. Rim 6, 13).

Ako nemamo iskustvo da smo doista bili mrtvi i da sami ne možemo izbjeći niti nadvladati smrt, ne možemo doći do vjere koja je prihvaćanje dara.

Smrt se ne nadvladava zalaganjem i popisom zasluga koje želimo iznijeti pred Boga. Ako idemo tim putem, onda ne preostaje ništa drugo nego ono što suvremena kultura nudi, to jest ublažiti, prigušiti smrt, ali svejedno se umire.

Pavao, naprotiv, kaže: „nas koji bijasmo mrtvi zbog prijestupa, oživi zajedno s Kristom – milošću ste spašeni!“ (Ef 2, 5).

„Ta milošću ste spašeni po vjeri! I to ne po sebi! Božji je to dar! Ne po djelima, da se ne bi tko hvastao“ (Ef 2, 8-9).

A to iskustvo novog života, koje je uistinu sam Krist osobno, ne može biti doli samo dar. A dar dolazi od Boga. A tko ga primi, prolazi kroz smrt i budi se u ovom potpuno novom životu koji se ostvaruje kao dar.

Ne radi se o samoostvarenju prema nekom iznimnom projektu, možda zahtjevnom i savršenom s religijskog stajališta, već se radi o ostvarenju sebe darivajući se drugima.

Radi se doista o tome da se prepozna sebe u situaciji u kojoj je jedini put milosrđe. A to sigurno ne pripada čovjeku, već samo Bogu. Samo ti Bog omogućuje da milosrđe živiš besplatno i onda osjećaš kako ono postaje dimenzija tvog novog postojanja.

Zato Pavao, koji se ranije nadao da će njegovo tako potpuno služenje poganima, barem iz ljubomore, pokrenuti njegove sunarodnjake, konačno priznaje da je Bog tako uredio stvari da je sva inicijativa, sva akcija samo Njegova jer je on Ljubav, slobodan dar.

Stoga, sva se čovjekova aktivnost sastoji u primanju. A Pavao pati jer upravo oni religiozni nisu u stanju prihvatiti, štoviše, odbili su dar i osudili Krista.

Svi su neposlušni, Hebreji, slika religioznih ljudi, i pogani.

„Nema pravedna ni jednoga, nema razumna, nema ga tko bi Boga tražio. Svi skrenuše, svi se zajedno pokvariše, nitko da čini dobro – nijednoga nema“ (Rim 3, 10-12).

Početak novog čovještva je Bog Otac, sa svojim milosrđem. On je također početak svakog istinskog života i svakog djela koje uistinu čini dobro čovjeku. Vjera raste iz iskustva toga milosrđa, pa je dakle to iskustvo, očito, utemeljujuća dimenzija same Crkve.

 

SJEMENJA je rubrika Centra Aletti dostupna svakoga petka. Svakoga tjedna, osim nedjeljne propovijedi u audio obliku, bit će dostupno na web stranici LIPA produbljivanje nedjeljnih ili blagdanskih čitanja euharistijske liturgije