QUANTE VOLTE DOVRÒ PERDONARE?

[IL VANGELO DI TUTTO L'ANNO] XIX TEMPO ORDINARIO – Giovedì (I) 3

 

Dal Vangelo secondo Matteo
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: «Signore, se il mio fratello commette colpe contro di me, quante volte dovrò perdonargli? Fino a sette volte?».
E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.
Per questo, il regno dei cieli è simile a un re che volle regolare i conti con i suoi servi. Aveva cominciato a regolare i conti, quando gli fu presentato un tale che gli doveva diecimila talenti. Poiché costui non era in grado di restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, i figli e quanto possedeva, e così saldasse il debito. Allora il servo, prostrato a terra, lo supplicava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa”. Il padrone ebbe compassione di quel servo, lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò uno dei suoi compagni, che gli doveva cento denari. Lo prese per il collo e lo soffocava, dicendo: “Restituisci quello che devi!”. Il suo compagno, prostrato a terra, lo pregava dicendo: “Abbi pazienza con me e ti restituirò”. Ma egli non volle, andò e lo fece gettare in prigione, fino a che non avesse pagato il debito.
Visto quello che accadeva, i suoi compagni furono molto dispiaciuti e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: “Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito perché tu mi hai pregato. Non dovevi anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te?”. Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello».
Terminati questi discorsi, Gesù lasciò la Galilea e andò nella regione della Giudea, al di là del Giordano.


Quante volte dovrò perdonare?

Siamo abituati al linguaggio del vangelo, e consideriamo normale che Dio perdoni i peccati e che noi stessi cerchiamo di perdonarci a vicenda. Ma uno dei sentimenti primordiali dell’uomo è il senso della giustizia, che infatti è spiccatissimo nei bambini e nei popoli primitivi. Quando ancora non c’erano tribunali, la giustizia si faceva con il sangue. Un nemico uccideva un membro della famiglia, e gli altri si sentivano obbligati a vendicare il suo sangue. Anzi, la vendetta era dovere e privilegio del capo della comunità; solo se questi rinunciava poteva compierla un altro. Presso gli Ebrei, nomadi, la vendetta di sangue era normale (Es 21,23ss; Lv 24,19). Però c’era un limite: il capo di tutte le famiglie e tribù di Israele è Dio stesso, che riserva a sé il diritto della vendetta (Dt 32,35).

La vendetta, insomma, bisogna lasciarla fare a Dio. È il primo passo per superare il principio della giustizia primitiva che vorrebbe rendere male per male. È necessario avere fiducia nella giustizia di Dio e lasciare a Lui il giudizio.

 

Fino a sette?

Chi lascia la vendetta a Dio poi vorrebbe veder punito il nemico. Il profeta Geremia, per esempio, dice di rimettere la sua causa al Signore (Ger 20,12), ma poi desidera la vendetta di Dio (Ger 11,20). I popoli antichi credevano nelle divinità della vendetta: la Nemesis greca, che raggiungeva ovunque il colpevole, era un tema frequente nelle tragedie. Anche i salmi chiedono punizioni divine per i peccatori. Nel Nuovo Testamento invece questa vendetta divina appare in una luce nuova e imprevista: Dio punisce il male prendendolo liberamente su di sé, con tutte le sue conseguenze.

Succede così anche quando ci perdoniamo reciprocamente. Riconosciamo che il male è male, ma ne accettiamo liberamente le conseguenze. Ci hanno rubato i soldi? Hanno danneggiato il nostro buon nome? Dovrebbe soffrire chi ha commesso questi peccati, ma perdonando soffriamo noi. È difficile? Molte volte sì, altre un po’ meno, ma in ogni modo abbiamo la soddisfazione di agire come agisce Dio.

 

Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette

L. N. Tolstoj diffondeva con ardore il monito del vangelo di non ricompensare il male con il male. Il tema prediletto dei suoi racconti è la conversione al bene di chi è stato perdonato del male commesso. In verità non succede sempre: molti criminali continuano a fare il male proprio perché nessuno li punisce. Un proverbio popolare dice: in ogni male c’è chi lo fa e chi lo lascia fare. Allora, è proprio vero che dobbiamo perdonare sempre?

La saggezza risponde: perdonare significa volere bene al prossimo; ma a volte, a lui e alla società, fa meglio una punizione del perdono. Il vangelo invece sottolinea un altro aspetto del perdono: forse il perdono non fa sempre bene a chi viene perdonato, ma chi perdona ne trae un grande beneficio. Dio ci perdonerà nella misura in cui noi siamo stati pronti a perdonare gli altri.


IL VANGELO di tutto l’anno sono le riflessioni sul Vangelo festivo e feriale tratte dall’omonimo libro di padre Tomáš Špidlík.

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